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roprio come inun videogioco, eccoci al livel-
lo successivo. Superato il 2017, davanti a noi
c’è un anno intero da giocare. E – secondo
la prassi – il grado di complessità aumenta,
richiedendo una strategia sempre più articolata. E questo è
vero tanto per i macro temi economici, quanto per il retail
e i suoi attori. Il 2018, infatti, si apre con tanti argomenti
sul tappeto, dal Pil all’inflazione, dal patto di stabilità alle
clausole di salvaguardia (spettro mai del tutto debellato),
dalla crisi occupazionale all’andamento dei consumi, senza
dimenticare il convitato di pietra delle elezioni di marzo.
Il quadro di partenza non è desolante
, ci rassicura Ref
Ricerche a pag. 4, ma è pure vero che nel corso dell’anno la
partita potrebbe prendere una piega imprevista. Sarà il caso
di ponderare le mosse per superare fin dal primo tentativo
gli ostacoli, senza cadere nei tranelli.
Non facile, specie dal momento che saremo alle prese con
un joystick totalmente virtuale e che sulle filosofie di gioco
potrebbe esserci opinioni discordanti.
Si complica, senza distinzioni di sorta, il livello di gioco
anche per quei soggetti che possono disporre di una mole
sempre più ingente di dati.
I big data, rischiano infatti di trasformarsi in uno dei tranelli
più infidi di questo game stage, se adoperati con scarsa
maestria o in modo maldestro e grossolano. Esemplificativa
l’immagine di pag. 6, che ne paragona lo strapotere a una
vera e propria esondazione, capace di abbattere le certezze
fino ad oggi accumulate.
Per evitarepassi falsi, quello cheoccorre (a tutti) èunvero
lavoro di cesello.
E non si trova in condizione diversa il retail,
chiamato a soddisfare, fidelizzare, stimolare i consumatori,
e – alle prese con meccanismi sempre più delicati – costretto
ad operare su canali molteplici (a pag. 58). In questo stadio
non può permettersi defaillances.
Prendiamo l’ibridazione, formula “transgenica” che ipotizza
la convivenza di concept diversi. Ottima scelta, attraente
e innovatrice. Attenzione però: il rischio di indulgere a
un’ibridazione soffocante, che renda succubi i consumato-
ri è sempre in agguato. Innovare significa saper coltivare
le differenze, non fare di esse un principio apodittico cui
sacrificare la serena fruizione da parte dei clienti (artico-
lo a pag.20). Lo store, invece, deve riuscire a emozionare,
coinvolgere e “accompagnare” il visitatore, lavorando su
ogni dettaglio – compresa l’illuminazione – come spiega la
cover story di pag. 28.
Il gioco dunque si fa più duro e – come si dice – sono i
“duri” a scendere in campo a giocare.
Quelli che, nel tempo, si sono costruiti un personale arsenale
per reggere le pressioni del mercato.
La marca del distributore è un buon esempio: da anni pre-
para il terreno, quest’anno probabilmente ci riserverà altre
novità, lavorando sulla profondità e sull’innovazione dell’as-
sortimento (da pag. 32).
Attesa al varco è anche la performances di FICO (pag.8), il
mega spazio dedicato al made in Italy: sarà all’altezza delle
anticipazioni del debutto, o il suo gioco sarà meno soddi-
sfacente del previsto?
L’asticella si è alzata anche per l’advertising:
il concetto di
viewability, ha preso piede, scalzando la prassi precedente,
per affermare vere e proprie strategie (da pag. 54). L’Italia,
ha saputo cogliere l’occasione, ma la scommessa è, adesso,
mantenere le posizioni raggiunte anche nel prossimo futuro.
Un anno sfidante, forse nodale, il 2018. La cui caratteristica
pare proprio sia quella di camminare in equilibrio su un
crinale: da una parte la possibilità di passare indenni al
quadro successivo, dall’altra il rischio di perdere una vita
per ricominciare da capo il livello, o peggio, di deflagrare
nel game over.
Ma, nonostante le incognite future,
the game must go on.
Quindi,
mesdames et messieurs
,
faites vos jeux.
Carmela Ignaccolo
EDITORIALE