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DICEMBRE/GENNAIO 2018
FICO EATALY WORLD
e riso, olio e aceto balsamico, carne e pesce, dolci e
vino, cioccolato e tartufi, tutto in 80mila metri quadri
coperti alternati tra campi da gioco e laboratori, spazi
per il racconto, cucine a vista e una grande libreria
dominata da un albero stilizzato in legno. E tanti spazi
per la vendita.
Dallo street food agli stellati
La ristorazione italiana è probabilmente la più ricca e
varia del mondo perché si rifà a una tradizione mille-
naria di piccole specialità non solo regionali ma che
variano di borgo in borgo. Fico la riassume in oltre 45
punti ristoro, tra ristoranti e chioschi, per tutti i gusti
e tutte le tasche.
Si va dallo street food al ristorante che cucina solo pa-
tate, dall’hamburger allo gnocco e tigelle al vegetariano
ma non manca l’
haute cuisine
con il “Cinque”, quinta
creatura dello stellato Enrico Bartolini. Tanti i marchi
della ristorazione made in Italy: Amadori, Rossopomo-
doro, Camst. Passando per la focacceria di Ulivo Bistro,
l’osteria del fritto di Gaetano e Pasquale Torrente e la
birreria artigianale Baladin.
Un mix di grandi aziende e ristoratori di successo. Nei
chioschi, le eccellenze che vanno dal prosciutto San
Daniele alla porchetta al “gran tour dei classici del cibo
di strada” firmato
experienceIN.it.
Un corso lo salverà?
Dal ruolo delle api alla realizzazione di un sorbetto, dalla
realizzazione dell’olio Evo (il laboratorio si chiama “Ulivo
Curioso”) alla birra o alla pasta, i corsi sono parte integrante
del progetto. A Fico tutto è all’aperto, trasparente,
in fieri
,
dalle cucine alla realizzazione dei prodotti.
Sono previsti 30 eventi e 50 corsi al giorno tra aule, teatro e
spazi didattici. Lato cliente, non si è certo spinto sulla tec-
nologia: considerato lo stato dell’arte, tra realtà aumentata e
realtà virtuale, interattività e IoT, si poteva fare qualcosa di
più delle sei “giostre” tematiche, oltre alle coltivazioni idro-
poniche associate a un codice numerico che tramite un’app
dedicata permette di seguire la crescita del “proprio” seme.
Da Venchi c’è il riconoscimento di emozioni all’assaggio di
un cioccolatino, condiviso su una parete social.
Per concludere è tuttobello, grande, fichissimo. La sensazione
che resta però all’uscita, passando la barriera di 16 casse al
termine di un vero e proprio Eataly (con gli scaffali bianchi, le
frasi didattiche, le eccellenze) è di essere stati in un gigantesco
supermercato. O un autogrill di un’autostrada per Marte. Un
“Wholefoods on steroids”, come l’ha etichettato più prosai-
camente il quotidiano britannico
Guardian
.
Ma a questo punto, perché non prendere delle idee da questo
immenso laboratorio didattico-commerciale? Il più grande
parco agroalimentare del mondo potrebbe avere qualcosa da
insegnare alla Gdo, dalla quale ha già preso più di un’idea.
S
Su InStoremag trovi la fotogallery all’indirizzo
http://instoremag.it/fotogallery/ecco-fico-eataly-le-filiere-italiane-pensate-in-grande/
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