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FEBBRAIO/MARZO 2016

La GDO è pronta a confondere e me-

ravigliare il consumatore riservando a

questo un plusvalore legato a generi o

prodotti comuni? A cosa può servire que-

sta pratica? Il contenitore ha ormai preso

il sopravvento sul contenuto? L’abito fa

allora il monaco? Tra mille domande re-

sta una certezza: il made in Italy “tira”

e stimola l’immaginario straniero. La

visione di Mergui, in mostra prima al

Museo dell’Artigianato e del Design di

San Francisco e poi all’Expo di Milano,

sta diventando itinerante, è ormai un

impazzito mash-up di marchi di fascia

alta che sembra voglia flirtare con di-

sinvoltura con il cibo, le derrate comuni.

Mergui ha a lungo riflettuto sulla reazione psicologica

dei consumatori quando questi incontrano un prodotto

alimentare e ne percepiscono prestigio o lusso. E si chie-

de: un consumatore sarebbe disposto a pagare più del

previsto per qualcosa che profuma di moda, di status?

“Ho voluto portare i marchi di lusso alle proprie origini.

Il primo passo è stato divertente, lo devo ammettere, ma

quello dopo mi ha portato a pensare ai confini etici di

un progettista, intenzionato a fornire un preciso valore