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FEBBRAIO/MARZO 2016
con il consumatore – spiega Perego -; è un
potenziatore degli altri punti di contatto,
fisici o digitali, perché è personale e on-
nipresente. Consente una comunicazione
in tempo reale, profilata sia sulla persona
che la riceve sia sul contesto. E può inta-
volare un dialogo continuo nell’arco della
giornata e in vari punti; ad esempio, è il
dispositivo più usato davanti alla tv, tanto
da poter interagire efficaciemente con gli
spot televisivi. Infine, è davvero cruciale
nelle ricerche di prezzi e promozioni, an-
che all’interno del punto vendita». Dove
ha una doppia funzione per l’azienda, di
entrata e uscita dei dati: se la geolocaliz-
zazione serve a profilare il cliente seguen-
doloneisuoiacquistiespostamenti,questi
stessi dati, correttamente gestiti, possono
essere utilizzati per inviare promozioni
e messaggi personalizzati nel momento
giusto, ovvero davanti allo scaffale grazie
allatecnologiabeacon.Inaltriambitiretail
come nell’abbigliamento ad esempio (in
grande crescita sia comemobile-commer-
ce che come utilizzo di App) l’addetto alla
vendita in possesso del profilo del cliente
che ha davanti, può avvantaggiarsene per
L’
indagine dell’Osservatorio Mobile B2C Strategy
ha sondato il grado di trasformazione
al mobile delle aziende italiane,
intervistandone 121 di vari settori e verificando
sei variabili: coinvolgimento del top e del middle
management, grado di re-ingegnerizzazione
dei processi di back-end e di integrazione
tra i diversi touch point, competenze mobile
specifiche, grado di attuazione della strategia
Mobile in termini di Asset e valorizzazione del
Mobile come canale pubblicitario.
Sono dunque stati individuati cinque cluster o tipologie
aziendali che mostrano livelli di avanzamento diversi nella mobile
transformation.
Mobile First
(16% delle aziende analizzate) realtà in cui il Mobile
guida le scelte di investimento in termini di sviluppo, design,
usability, ecc. di tutti gli Asset.
Work in progress
(35%) sono le imprese che nel 2015 hanno
definito la strategia Mobile e ne hanno avviato l’attuazione, il che
ha richiesto di lavorare sulla definizione dei ruoli organizzativi e
di intervenire su alcuni processi aziendali. I lavori su tutti i fronti
(organizzazione, sistemi di back-end, Asset Mobile) sono tuttora
in corso.
Wannabe
(14%) aziende con un alto coinvolgimento dei vertici
verso la Mobile Transformation ma che sono rallentate
da barriere culturali, tecnologiche e/o da mancanza
di competenze. Sono realtà spesso con un
basso livello di digitalizzazione dei processi di
marketing, vendita e Crm, per cui l’introduzione
di strategie Mobile non può essere immediata.
Digital driven
(16%), anche se il coinvolgimento
del vertice è basso, i team che si occupano di
digital all’interno portano avanti progetti importanti
di integrazione di questo canale nel processo di
relazione con i consumatori, seppur con limitazioni di
budget e di integrazione con gli altri touch point.
Nice to have
, (19%) imprese che credono molto poco al
contributo del Mobile per i propri risultati di business; se hanno
svolto attività su Mobile lo hanno fatto in via sperimentazione
e con budget residuali. Non si ritiene prioritario sviluppare
competenze interne specifiche.
E la GDO? “Siamo alla fase Wannabe: vorrei ma, per ora, ancora
non posso” ha detto Marta Valsecchi.
Sul sito di InStore
http://instoremag.ittrovate la videointervista a Marta Valsecchi,
direttore dell’Osservatorio Mobile B2C Strategy
del Politecnico di Milano.
IN DUE AZIENDE SU TRE IL PERCORSO VERSO LA MOBILE TRANSFORMATION È AVVIATO
41%
UTENTI SMARTPHONE
CHE EFFETTUANO ACQUISTI
TRAMITE CELLULARE
60%
LO SFRUTTA NELLA FASE
DI PRE-ACQUISTO
40%
ALL’INTERNO
DEL PUNTO VENDITA
29%
NELLA FASE
DI POST-ACQUISTO
77%
MOBILE SURFER CHE UTILIZZANO
LO SMARTPHONE PER PRENDERE
DECISIONI D’ACQUISTO
10%
VENDITE ONLINE DA
SMARTPHONE NEL 2015 SUL
TOTALE E-COMMERCE ITALIANO