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AGOSTO/SETTEMBRE 2017
RIFLESSI DAL FUTURO
PERCHÉ REGOLAMENTARE LE NUOVE
RISCHIA DI MINARE L’AUTOPOIESI DEI NUOVI
PROCESSI ORGANIZZATIVI E DI VANIFICARE
IL CAMBIAMENTO
L
a sharing economy (o peer-to-peer economy)
è la creazione di risorse economiche attraver-
so la liberazione e la messa a disposizione
di beni privati che prima erano inattivi. In quanto tale
sta diventando un tema caldo di politica economica e
in quanto tale subisce i limiti e le distorsioni del nostro
background culturale, ovvero il mito dello Stato inter-
ventista e regolatore. Sciaguratamente, oggi, si dibatte
su come correggere il fenomeno ancor prima che esso
si sviluppi oltre i suoi prodromi.
Il tutto costituisce una grande incognita. La dinamica
con la quale diverse tecnologie, tra cui l’informatica, la
robotica, la IoT, ecc. tendono a convergere e a biforcarsi
producendo nuove, più efficienti soluzioni rispetto ai
criteri produttivi vigenti è imprevedibile. Esse alimentano
una serie infinita di processi organizzativi autopoietici,
tali cioè da autoregolarsi spontaneamente, evolvendo
attraverso stati di equilibrio sempre temporanei.
I settori interessati sonomolteplici. Per ovvie ragioni toc-
cheremo solo una tendenza che è strettamente correlata
al commercio: l’Empowerment Informativo.
Col termine si intende il risultato di tutte le possibili
applicazioni di Internet che ridefiniscono un vecchio
Alla
scoperta
di nuovi
sistemi
complessi
di Amagi (Tirelli Associati)
L’Empowerment informativo
nella variante retail
Sono avvertimenti e opportunità anche per il settore molto più ba-
nale dei beni di largo consumo e delle insegne della distribuzione. Il
loro goodwill sarà determinato, nel bene e nel male, dal crescente
Empowerment Informativo massificato. Il processo di acquisto come
lo conoscevamo era basato su tre vettori della comunicazione: il
package, la pubblicità e l’esposizione della merce. Il tutto giustificava
una serie di azioni fisiche quali il recarsi in un certo luogo, l’osservare,
il decidere, il prelevare, il trasportare. Gli esordi dell’e-commerce ap-
portano qualcosa di nuovo e di dirompente, puntualmente frainteso
da certe visioni miopi focalizzate sulla tecnica delle prime applicazio-
ni, invece che sull’uomo che le utilizza, e sulla sua complessità dei
suoi comportamenti. Non si è prestata attenzione, per esempio, al
fattoche, dal puntodi vistadell’’economiadell’attenzione’, il processo
percettivo-cognitivo-mnemonicoattivatodalla letturadi un ‘catalogo’
di prodotti su uno schermo (vedi Amazon) è completamente diverso
da quello messo in atto davanti a uno scaffale. Nel primo caso pre-
valgono fredde componenti razionali. Nel secondo, quellepiù emotive
ed istintive. Nel primo ciò che chiamiamo ‘fedeltà alla marca’ è meno
rilevante. Nel secondo la fedeltà o meglio l’abitudine è motivata dal
minor dispendio psicologico legato alla ricerca della qualità e alla
valutazione del rischio. Nel primo trovano identico spazio e risalto
prodotti locali o meno noti. Nel secondo le grandi brand schiacciano
gli spazi a disposizione di quelle minori.
Egualmente si è mal compresa la crescita ineluttabile del canale
‘drive’ privilegiato dai prodotti seriali la cui qualità è identica ovunque
nello spazio-tempo. Il drive, inteso come magazzino automatizzato
e come “punto veloce di prelievo” è un’altra forma di “sharing eco-
nomy” perché: a) i clienti condividono a priori l’informazione su ciò
che desiderano, con il fornitore e b) il fornitore condivide con i clienti
l’informazione circa le speciali opportunità di acquisto che potrebbero
risultare vantaggiose ad entrambi, grazie alla loro accettazione pre-
ventiva dell’offerta. In breve, il drive potrebbe portare il concetto di
warehouse club (che ha segnato l’enorme fortuna di Costco)
su piccola scala, in ogni quartiere. Il drive, proprio grazie
alla condivisione delle informazioni sulle aspet-
tative della clientela, potrà così gestire una coda
assortimentale molto più ‘lunga’ di quella dei
grandi ipermercati. Ulteriormente, una rete
di drive ben sviluppata sfrutterà il nuovo
concetto di ‘dynamic warehouse network’
risolvendo ilproblemadeisuoispaziridotti,
pur sfruttando una domanda che in tema
di assortimenti seguirà una logica “frat-
tale”, di grande dettaglio. Egualmente
l’approccio di “sharing economy” di
Amazon appare discusso
molto superficialmente.
Certo, sono ben noti i